mercoledì 9 ottobre 2013

Interview with Luca Pozzi


Luca Pozzi è artista italiano che lavora e vive fra New York e Milano, affascinato dal mondo della fisica, da essa inizia la sua ricerca e i suoi studi che culminano nelle sue opere. Installazioni, opere e performance collegano due mondi che al primo impatto sembrano diametralmente opposti ma che comunicano assiduamente nei lavori di Luca Pozzi. Di seguito vi propongo una breve intervista così da addentrarsi e avvicinarsi ai suoi lavori.



Gentile Luca, quando nasce la tua prima opera, con essa anche la tua carriera d'artista, quand'è avvenuto? come si è giunti a quest'affermazione e consapevolezza?

E’ stato un avvicinamento progressivo, difficile dire qual’è la prima. Spesso i lavori che consideri importanti sono quelli più imbarazzanti per il “pubblico dell’arte”. Quando scopri e la scoperta diventa formale, quella forma è immatura e goffa. Tralasciando queste fasi, il primo ad essere accettato dal “sistema” è stato, nel 2007, “Supersymmetric Partner”. Si tratta di una serie di fotografie dove mi si vede saltare nei musei davanti alle cene di Paolo Veronese. Un pellegrinaggio durato circa due anni ma non del tutto concluso, mi sono lasciato l’ultimo salto, per la “Cena in Casa di Simone” esposta alle Gemaldegalerie di Dresda. Mi piace l’idea di dilatare e comprimere il tempo, è un po’ come aprire e chiudere delle parentesi.
Non direi di essere giunto alla consapevolezza, so quello che mi interessa e ho circoscritto un territorio d’azione, ma le cose cambiano, le scoperte e le invenzioni modificano il percorso, quando meno te lo aspetti, è una parte faticosa ma molto divertente.

Indaghi, sperimenti e applichi; le tue opere richiamano il mondo della fisica, qual'è il tuo legame con essa?

Mi affascinano i mondi paralleli tra le discipline e tra le persone, in ogni settore avvengono delle rivoluzioni, alcune più significative di altre, ma nella mente dello “specialista” che le vive sono spesso considerate come le più significative e fondamentali. Alcune volte il potenziale è così alto che di li a poco tutte le persone che non avevano mai sentito parlare di un certo argomento vengono colpite e modificate, come accadde per esempio in europa con la Riforma Luterana nel XVI sec. d.c. Io credo che le cose migliori nascono quando due scoperte parallele si uniscono, più che fronteggiarsi, mi viene in mente per esempio come Andrew Wiles è riuscito a risolvere l’antico teorema di Fermat nel 1995, fondendo diversissimi approcci matematici ritenuti fino ad allora totalmente inconciliabili. E’ vero stiamo sempre parlando di matematica nella matematica ma lo stesso è applicabile ad ogni branca del sapere, non bisogna perdere di vista l’immagine globale, ogni cosa che ci circonda ci influenza e quindi ogni cosa conduce al risultato. Il mio legame con la scienza nasce da questi presupposti, la fisica delle particelle da una parte con gli esperimenti del CERN di Ginevra e la fisica teorica dall’altra, impegnata nella formulazione di una nuova teoria di gravità quantistica, sono tra gli argomenti che tutti, nel giro di pochi decenni, impareranno a conoscere. Il fatto che lo dica un non-specialista, dovrebbe aumentare l’attendibilità dell’affermazione.

Le tue opere portano con se il rigore scientifico, la geometria, se dovessi affiancarti ad uno scienziato chi sceglieresti e come mai? si può trovare la sua influenza nelle tue installazioni?

Il mio lavoro non è di sola ricerca e lettura, tutto quello che includo nei progetti finali è il prodotto di una frequentazione reale con alcuni protagonisti della ricerca scientifica contemporanea. Tutte le persone con le quali ho parlato rientrano e modificano i miei lavori. Un esempio eclatante è “THE QUANTUM GRAVITY CAVE” un’installazione prodotta durante le mie residenze presso il Perimeter Institute di Waterloo, la Penn State University di State College, l’Albert Einstein Insitute di Berlino e la Facultée de Science de Marseille, è composta da 47 impronte di mani di altrettanti ricercatori di Gravità Quantistica ottenute fotografandone la luminescenza prodotta da uno schermo al fosforo. Ma senza la pazienza di Carlo Rovelli, Brian Greene, Francesca Vidotto, Lee Smolin, Daniele Oriti, Abhay Ashtekar, Eugenio Bianchi e Martin Bojowald, difficilmente avrei potuto guardare da così vicino, idee tanto coraggiose. Ma se dovessi affiancarmi ad uno scienziato tra quelli “storici” la mia scelta cadrebbe forse su Paul Dirac, per il suo legame profondo tra matematica e bellezza.

Nella serie “wall String” utilizzi barre metalliche, palline che vanno a formare un'unica scultura, qual’è il significato delle opere e come nascono le forme e i diversi istanti rappresentati?

A questa domanda è difficile rispondere con semplicità e velocità, descriverei il lavoro per com’è composto e probabilmente confonderei con alcune parole chiave fuorvianti. E’ forse più costruttivo dare qualche spunto su quali siano i problemi, quindi li elencherò come una serie di domande mie a cui ciascuno dei miei lavori si sforza di rispondere:
1-     Come si esplode un lavoro in uno spazio su più tempi?
2-     Come si crea un’opera indipendente dal sistema di riferimento?
3-     Come si organizza un lavoro delocalizzato con un tempo “interno” non lineare?
4-     Come si visualizza la Pre-Geometria?
5-     Come si rompe la simmetria al fine di creare la percezione della forza?
6-     Come si visualizza una sovrapposizione di stati?
7-     Come si immagina la simultaneità di due eventi senza avere due menti?
8-     Come si visualizzano 7 dimensioni in 4 dimensioni?




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