Paola Angelini, classe 1983, viene presentata alla galleria Massimodeluca (Mestre-Venezia) con una personale del titolo "Regio" che raccoglie le opere prodotte dopo il soggiorno al Nordic Artists’ Centre Dale (NKD) di Sunnfjord, sui fiordi norvegesi. I lavori sviluppano il tema della memoria, con tele di grandi e piccole dimensioni, ricche di colore, evocando l'atmosfera norvegese, come un continuo del lavoro dell'artista dove i colori si fondono e le linee sono sinuose. La mostra
è e cura di Arild H. Eriksen, direttore della residenza,
con il quale l’artista ha avuto un dialogo costante nei tre mesi. Di seguito una breve intervista con Paola Angelini.
Vorrei che mi parlassi della tua personale,
la mostra dal titolo "regio", preso la galleria Massimodeluca. Cosa
rappresenta per te? che opere sono presenti?
La
mostra Regio è il risultato di un periodo di tre mesi di lavoro in Norvegia
presso la residenza Nkd, situata sui fiordi tra i boschi in una totale pace .
Ho
dipinto come avevo in parte dimenticato, ho ritrovato in quei luoghi una
concentrazione fatta di un tempo scandito dai gesti legati al fare pittorico, e
dopo qualche mese da quel periodo quello che si sta sedimentando nella mia
mente riguardo quella esperienza è solo un chiaro ricordo di come è importante
poter ricreare quello stare dentro le cose. La mostra rappresenta per me un
passaggio chiaro ad una coscienza che si è arricchita di una nuova pienezza .
Ho chiarito, semplificato e visualizzato anche nuove possibilità della materia
pittorica estendendomi anche alla scultura; dopo tanto dipingere per me è stato
utile “ripulire “gli occhi e la mente lavorando con altre finalità su altri
linguaggi e questo è stato importante
perchè ora è come se dovessi ricominciare da capo.
Ora
è come se stessi di fronte ad un foglio
bianco dove ci si chiede se prendere una matita o un colore e poi ci si chiede
ancora: mi interessa veramente “raccontare” qualcosa? Ma poi come ciclicamente
accade ritorna in altra forma tutto e non ci si pone neanche più il problema.
In
mostra si susseguono grandi tele a piccoli dipinti di studio dal vero ad una
grande scultura di 4 metri per 2 in cartapesta.
I tuoi soggetti sono persone e animali
confusi, nati dalla mescolanza di colori e di sentimenti. Come prendono forma
nelle tue tele?
Di
ciascun dipinto dopo il tempo trascorso a realizzarlo, rimane la pittura sulla
tela e questa cosa è quello che fa dimenticare poi tutto quello che si pensava
mentre si lavorava. Non riesco a raccontare come questi prendono forma perché
non riesco a trovare un filo conduttore chiaro. Sicuramente c’è un lavoro che
si sussegue per giorni, nel pensarlo, nel realizzarlo nel guardarlo e anche mentre
si fa altro c’è sempre una presenza di qualcosa che ti aspetta.
A
volte lo immagini dopo qualche ora che lo hai lasciato in studio e cerchi di
ricordare le parti, e cosi è come se immagini i passi successivi. Ma la cosa
bella è che non saranno mai quelli che poi si concretizzeranno.
Vorrei tornare a giugno 2011, nello spazio
del padiglione Norvegia dove avevi allestito il tuo atelier temporaneo, grazie
a Bjarne Melgaard, artista norvegese
chiamato a rappresentare il suo Paese in laguna. Cos'ha significato per te
partecipare all'evento ed essere seguita da Bjarne Melgaard?
È
stato un periodo in cui ho capito che la necessità, la volontà e il desiderio
di fare e di dipingere è stato un motore fondamentale, grazie al quale ho
veicolato il mio lavoro. Stare a contatto con Bjarne è stato importante per
capire che non si devono avere filtri, o protezioni quando si vuole lavorare
come volevo farlo io. Immaginate il suo mondo, controverso , forte e
provocatorio, con il mio che in quel periodo era molto intimista e legato alla
mia storia personale, eppure quando c’erano i nostri lavori insieme credo si siamo
capiti come mai fino a quel momento.
Hai partecipato ad una residenza in Norvegia
durata alcuni mesi, presso il Nordic Artistsí Centre Dale (NKD) di Sunnfjord,
sui fiordi norvegesi. Cos'ha significato per te questo periodo? come ha
influenzato i tuoi lavori?
Come
dicevo anche prima, ho ritrovato un giusto approccio al lavoro e una luce che
non avevo mai visto prima. I miei lavori sono come lievitati, quasi come se
tutto quello che immaginavo non avesse abbastanza spazio sulle tele. La natura
intorno inizialmente mi ha frenata, chiusa, bloccata poi mi ha predisposto a
uno stadio di “semplicità” nel fare le cose che mi ha portato a dipingere molto
e a ricordare anche l’inizio di molti miei intenti e di molte mie aspettative.
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