venerdì 3 aprile 2015

Interview with Rebecca Moccia

Rebecca Moccia, classe 1992, è una giovane artista italiana formatasi fra Roma e Milano. La sua arte è contraddistinta dalla leggerezza, dall'impalpabilità e dall'invisibile che viene bloccato nei suoi lavori portando lo spettatore a soffermarsi e a riflettere su cose apparentemente semplici. Alla Galleria MassimoDeLuca viene presentata la sua prima personale dal titolo "Sempre più di questo". Vi propongo l'intervista con Rebecca per addentrarsi nelle sue opere. 

Chi è Rebecca Moccia? qual'è il percorso che ti ha portata a diventare artista?
Rebecca Moccia è una giovane artista ventiduenne, nata a Napoli ma cresciuta a Roma che attualmente lavora a Milano… A Milano ho frequentato l’accademia di belle arti di Brera e ora sto concludendo gli studi di storia e critica d’arte all’università Statale.
Sarebbe bello poter guardare a quello che siamo e che ci succede come se si trattasse di qualcosa che si rievoca, che si racconta, di cui sappiamo già gli sviluppi; ma purtroppo decidendo di vivere il presente non abbiamo quest’abilità… forse solo i bambini lo sanno fare quando usano nelle loro proposizioni già l’imperfetto!

Nelle tue opere appare "l'energia dell'invisibile", attraverso l'utilizzo di differenti mezzi d'espressione, come in "incantesimo rivelatore" e in "fogli di neve". A che esigenza rispondono queste opere e qual'è il tuo intento?
“L’energia invisibile” come la chiami tu, è ciò che per noi c’è di prezioso da riattivare in un’immagine che attende la nostra esperienza, anzi che nasce forse proprio dall’incontro tra noi e qualcos’altro. Nel caso delle mie opere, “i mezzi d’espressione” sono interni a questa relazione e sono essi stessi un’espressione di un contatto avvenuto e riproposto come inizio.

Vorrei che mi parlassi della tua personale, la mostra dal titolo "Sempre più di questo", preso la galleria Massimodeluca. Cosa rappresenta per te? che opere sono presenti?
“Sempre più di questo” è la mia prima mostra personale in assoluto, perciò mi è parso molto adatto intitolarla con una proposizione. “Sempre più di questo” è una specie di motto dell’immaginazione: uno sguardo razionale, funzionale, scientifico di quello che guarda è portato a dire “non è che questo” perchè pensa che ciò che ha davanti sia solo effettivamente quello che vede, come lui lo vede; un tipo di approccio differente, invece, come ho cercato di proporlo in questa mostra, non riesce a dire di quello che vede, riducendolo, “non c’è che questo” ma, al contrario semmai, “ci sarà sempre più di questo!”.
L’immaginazione che qui viene messa in campo lascia aperto un altrove ed è questo che la qualifica. Questo altrove si configura quindi anche come una speranza… Se ci pensiamo, la maggior parte delle cose che ci piacciono, ci piacciono proprio per la loro qualità di essere qualcosa in più che sfugge e che non possiamo mai a pieno possedere, neanche idealmente. In questo sforzo, al contrario, le apprezziamo e le riconosciamo come preziose, per la libertà che ci concedono creando una tensione e non una definizione.
In una delle due sale della galleria sono presenti sette opere recenti e meno recenti. Queste opere sono state installate come se fossero  punti di uno spazio e di un tempo concentrato in uno spazio e un tempo più ampio che in quest’occasione prende la forma di quello della sala facendola apparire, ad un primo sguardo, come un paesaggio rarefatto, quasi glaciale.

Alcune opere presenti nella mostra nascono dall'interazione con altri artisti, che ruolo svolgono all'interno della tua produzione?
Tutte le opere del progetto “On air On air” che occupa la seconda sala della galleria sono state realizzate in collaborazione con altri artisti; con alcuni di loro (Bros, Claudio Corfone, Silvia Mariotti) ho proseguito un dialogo attivo da tempo mentre con altri due (Simone Ialongo e Carmelo Nicotra) è nato uno scambio in questa occasione  a partire dal suggerimento di Lorenzo Bruni.
Il progetto è nato spontaneamente da una volontà dialettica di confronto e di messa in discussione delle mie opere e quindi, anche più in generale, dal porsi domande sulla definizione di opera, di ruolo dell’arte e dell’artista. Domande che ci poniamo ogni qualvolta siamo nella posizione di mostrare dei lavori, come in questo caso. Questa volontà dialettica è stata condivisa con me dagli artisti che ho invitato che sono stati entusiasti di accogliere la proposta di collaborazione  in maniera molto dinamica e fluida. Sono venute fuori opere da cui emerge concretamente, almeno per questo momento della mostra, una posizione, un punto d’incontro, un tentativo di risposta comune alle questioni emerse dagli interrogativi che ti dicevo prima. Queste opere inoltre evidenziano un momento del mio percorso, una sensibilità artistica che se non fosse venuta a contatto con quel particolare dialogo con quell’artista non sarebbe emersa (come succede quando si realizza un nuovo lavoro),  un altro punto di vista per guardare le altre mie opere e tutto il resto.

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