domenica 7 giugno 2015

Interview with Stefano Ogliari Badessi




L'artista Stefano Ogliari Badessi (S.O.B.), classe 1984, lavora con la reinterpretazione dello spazio, utilizzando diverse forme espressive. I suoi lavori indagano il rapporto tra Oriente ed Occidente come un dialogo continuo e una convivenza "fuori casa". Le sue installazioni si adattano ai luoghi in cui vengono collocate, interagiscono con essi e con gli spettatori. Stefano Ogliari Badessi è fra gli artisti selezionati da Swatch per la residenza all'interno dell'Art Hotel a Shangai da cui sono nate una serie di installazioni e progetti. Di seguito vi propongo l'intervista all'artista conosciuto alla 56° Biennale d'Arte di Venezia.

Chi è Stefano Ogliari Badessi? S.O.B.?
Sono nato e vissuto a Crema anche se ho avuto la fortuna di viaggiare tantissimo e vedere il mondo sotto tanti punti di vista fin da piccolo. ho imparato ad apprezzare la varietà e tutto ciò che non è ordinario. Il gusto per il bello noi Italiani lo abbiamo innato, ma il mio è stato stimolato da mio padre che è architetto e da mia madre attenta alla moda e al eleganza. Ho avuto una formazione “classica”, liceo artistico e poi l’accademia di belle arti di Brera. Ho imparato tutte le tecniche dal disegno al marmo. A 16 anni partecipavo a simposi ( nazionali e non ) su pietra. E’ stata un esperienza bellissima perchè ho avuto la possibilità di entrare a contatto con artisti affermati quando ero ancora uno studente. La cosa più importante che mi ha lasciato il mio percorso di studi è il senso critico ed estetico del godersi ciò che è “bello”, di saperlo riconoscere e giudicare.

I tuoi progetti interagiscono e danno vita a nuovi spazi, lo spettatore può diventare parte dell'opera. Grandi "palloni" d'aria contraddistinguono il tuo lavoro. Com'è nata la prima installazione? qual'è il messaggio che trasmetti allo spettatore?

Le installazioni gonfiabili nascono alla fine di un percorso che mi ha portato a scoprire e valorizzare al massimo la mia creatività, intesa come punto di partenza, mezzo e anche fine. Creavo installazioni sia per arte che per per lavoro in italia ( vedi le vetrine per Aspesi in Montenapoleone ) ma sentivo il desiderio di spingermi oltre quindi ho abbandonato tutto e sono andato a mettermi in gioco a Shanghai. Lì ho preso coscienza del mio essere artista e di come si fa a farlo a livelli ancor più professionali. Ho scommesso, ho rischiato e ce l ‘ho fatta in Cina, grazie anche alle centinaia di artisti con i quali son venuto in contatto. Da ognuno di loro ho imparato moltissimo. In Cina al’inizio ero senza studio e senza i soliti materiali con i quali ero abituato a lavorare… mi son guardato attorno e ho capito che quello che mi serviva ce lo avevo, era la creatività ed il gusto.. Con quelli potevo fare qual qualsiasi cosa, non mi serviva niente altro. Ho iniziato a raccogliere materiali comuni per i mercati cinesi e trasformarli in piccole e piccolissime sculture ( spherical post card ) come fosse un esercizio mentale. La sfida successiva è stata quella di confrontarmi con lo spazio, mi è sempre piaciuto pensare alle installazioni ma non avendo spazio fisico in Cina dovevo reinventare la mia maniera di pensare nuovamente. Da lì nascono le installazioni gonfiabili, fatte senza tecnologia, con un limitato uso di strumenti e gonfiabili appunto così da prendermi lo spazio fisico che mi serve ma senza impedirmi di muovermi. Mi spiego meglio, se sei uno scultore “normale” hai bisogno del tuo studio, di attrezzi, di un magazzino, di casse per spedire, di materie prime… di un sacco di cose che in seguito ti vincolano al luogo dove sei. Questo mi stava impedendo di viaggiare in giro per il mondo perchè stavo diventando il magazziniere di me stesso. Bisognava cambiare!
Il primo esperimento l’ho fatto sul pavimento della stanza dove ero ospite da un amica (my space ). Sapevo cosa stavo facendo ma non sapevo che mi avrebbe emozionato così tanto. Una scultura che diventa uno spazio nel quale puoi entrare, toccare e vivere. Una installazione interattiva che tocca tutti i sensi. Un quadro astratto in 3d fatto di colori. E’ stata una scoperta ed è stato ancor più bello il vedere come queste emozioni colpivano profondamente chiunque entrasse. Chi vede le foto non sente quest’emozione ma chi ci entra perde la testa in qualche modo, quasi in estasi.
Molti artisti cercano di comunicare dei messaggi specifici e per farlo condiscono l’opera di superfluo e più la condiscono e più il messaggio perde o risulta banale. Altri fanno anche di peggio, supportano l’opera con milioni di parole, libri e spiegazioni per nascondere il fatto che l’opera sia muta. Sono fiero del fatto che questo progetto di installazioni gonfiabili parli direttamente al cuore, senza passare da nessun filtro mentale. Risveglia emozioni fetali e primordiali e ne genera di nuove lasciando che la fantasia possa raggiungere un altro livello, più alto, trascendentale. Voglio emozionare la gente ma non raccontandogli una storia d’amore\d’odio\solitudine\blablabla trita e ritrita ma facendogli provare emozioni nuove, mai vissute e mai immaginate, un esperienza estetica


Con Swatch hai dati vita a #NothingIsForever, sul monte Verbier. Mi puoi parlare di questo progetto? come nasce la collaborazione con l'azienda svizzera?
Dopo due anni a Shanghai sentivo il bisogno del suo opposto, la natura. Negli ultimi sei mesi passati in Cina ho avuto la fortuna di essere selezionato ad una residenza per Artisti da Swatch. Vivevamo in 15 in un hotel a 5 stelle con stanza-studio e la possibilità di scambiare creatività tra noi. Lì è iniziata la mia collaborazione con Swatch. Durante la residenza avviene un ulteriore selezione naturale ed alcuni di noi collaborano successivamente con Swatch in altri progetti.
Ho presentato io direttamente il progetto Verbier a Carlo Giordanetti. Ho avuto quest’idea folle senza nemmeno precedenti e loro erano gli unici che potevano supportarmi in questa impresa. Solo Swatch per il suo supporto al’arte e alle cose estreme. O ci credevano e ci si provava buttandosi in un impresa che sarebbe potuta risultare anche un fallimento … oppure si sceglieva una strada più sicura e non si faceva niente.  Loro ci hanno creduto, Carlo è un mito sia come curatore artistico dimostrando grande senso critico sia come persona. Non impone vincoli ma apporta sempre un supporto magnifico e incondizionato.
Da Shanghai sono passato a 3000 mt. Da quasi 30 milioni di persone attorno, al’essere solo in montagna lavorando di notte e confrontandomi con la natura. Senza materiali anche stavolta solo acqua e neve, vento e freddo. E’ stata una sfida che ho vinto con me stesso e con la natura, o meglio con me stesso si con la natura no, semplicemente mi ha lasciato fare quello che dovevo, mi ha graziato. #nothingisforever è la condizione umana, siamo qua per un tempo limitato e siamo qua perchè la natura ce lo lascia fare e noi dovremmo essere più rispettosi di questo ( da un punto di vista ambientale ). Questa era l’idea iniziale, ma il progetto si è rivelato 100 volte più duro del previsto e anche l’idea si è marcata. Più che un installazione è diventata una performance. E’ stata un esperienza che mi ha cambiato mentalmente e fisicamente. Ha aumentato la mia consapevolezza con me ma soprattutto con la natura. L’arte è un mezzo per conoscere il mondo e per conoscere se stessi!


In concomitanza della Biennale d'arte di Venezia all'hotel Excelsion al Lido di Venezia hai creato uno spazio in cui il visitatore può entrare. Cosa significa per te quest'esposizione?
E’ stato un onore poter presentare qualcosa a Venezia. E’ stato un onore ancora più grande essere incluso nella presentazione fatta da Carlo per la stampa. Carlo ha presentato il progetto Swatch spiegando la residenza a Shanghai e di come loro supportino l’arte. E’ partito parlano dei miei progetti, come i più estrosi “frutto di un giovane artista con tantissima energia creativa”. Ha detto che io non presento progetti ma sogni allo stato puro, pazzia; questo è vero ed è vero che bisogna crederci e sacrificarsi per realizzarli… pensare sempre più il là e in grande… sognare è fare arte.
La presentazione al’arsenale mi ha emozionato perchè partendo da me siamo andati in un crescendo fino ad arrivare a Joana Vasconcelos con 10 Biennali sulle spalle. Era seduta vicino a me… incredibile che seguo questo progetto di gonfiabili da un anno esatto e mi ha portato con un piede nella Biennale. E’ stata un ulteriore conferma della validità del progetto e dalla mia creatività e di come il progetto parli alla gente. 
L’installazione che ho presentato a Venezia l’ho già gonfiata in giro per il mondo diverse volte e ogni volta è un emozione. Dal primo giorno che l’ho fatta ed è stata inaugurata da Clooney è una somma di ricordi magnifici che vivo io in prima persona e che la gente che la visita ne assorbe la bellezza. E’ come avere il potere di fare una magia, ogni tanto lo gonfio e succede nuovamente … la gente si emoziona.


Ultima in ordine cronologico è la tua installazione all'interno della stazione Centrale di Trieste, l'installazione prevedeva anche una performance. Mi puoi raccontare come nasce questo progetto e perchè hai scelto trieste?
Cina-Filippine-Mexico-Italia-Svizzera-Venezia e Trieste… due anni di vita che sembrano dieci rimbalzando tra continenti ed esperienze. Trieste è l’ulitma in ordine cronologico.
Un bel evento organizzato da Zoe in collaborazione con Expo, MAXXI di Roma , MADRE di Napoli e molte altre belle cose. 
Pur sembrando sempre un pallone, ogni installazione per me è sempre una nuova sfida e un passo in più. Cambi di materiali e cambi di tecniche, per poter spostare l’attenzione anche su altri concetti. Cambi esteti per sperimentare la reazione del pubblico con la gravità e con il color nero.
Ogni progetto è una scoperta anche per me … Trieste fa parte del percorso. Un percorso che non so dove e come mi porterà, magari non sarà sempre palloni ma ora sono un ottimo strumento per comunicare al cuore delle persone e per conoscere. 

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