Guendalina Cerruti è artista italiana 1992 che vive e lavora a Londra. I tuoi lavori coniugano psicologia e oggetti famigliari che tramutati in linguaggio, sia esso visivo, testuale o verbale, non lasciano lo spettatore indifferente alle installazioni narrative a cui l'artista da vita. Di seguito trovate la mia intervista con Guendalina.
Chi è Guendalina Cerruti e qual'è il percorso che ti ha portato a diventare artista?
Nei miei ricordi non ho mai pensato di voler fare l'artista fino a che mi sono ritrovata ad avere una pratica artistica. Poi riguardo il mio percorso accademico e la mia esperienza da un punto di vista più pratico e mi rendo conto della sua estrema linearità e concretezza; Alla fine il mio è stato un percorso abbastanza tradizionale: disegnavo da piccola, mi distinguevo nelle materie artistiche alle scuole medie, ho frequentato il liceo Artistico Statale di Brera, il triennio di Pittura e Arti Visive in Naba e poi un master in Scultura al Royal College of Art di Londra. Se penso alle scelte che ho fatto e alla volontà e dedizione con cui le ho portate avanti, forse ho sempre saputo di voler fare l'artista... non ho mai fatto nient'altro.
La tua ricerca artistica è caratterizzata dalla psicologico e pedagogico, attraverso l'utilizzo di oggetti ordinari. Cosa caratterizza la tua ricerca?
I primi interessi della mia ricerca che hanno segnato la mia pratica artistica fanno riferimento a studi di psicologia infantile, in particolare rivolti allo sviluppo affettivo, alle dinamiche di attaccamento e alle prime relazioni. La cosa che sentivo in modo urgente era di capire l'impatto che l'esperienza affettiva e relazionale avesse sullo sviluppo del linguaggio e in qualche modo sul mio linguaggio. Questo perchè credo che l'arte sia una esperienza all'interno del linguaggio e interessarmi di questi temi è stato un modo per me di prendere coscienza di alcuni aspetti della mia pratica. I legami affettivi, le dinamiche relazionali, i sentimenti e il linguaggio sono interessi che porto avanti nella mia pratica ancora oggi, in modo meno scientifico e teorico forse, ma un legame più diretto con le mie esperienze quotidiane. L'utilizzo di oggetti ordinari all'interno delle mie installazioni, è in questo senso un po' una conseguenza, uso quello che vedo, quello che mi è familiare e famigliare; Di questi oggetti e materiali mi interessa investigarne il carattere estetico e potere espressivo.
Trovo che le tue esposizioni siano caratterizzate da un atmosfera famigliare, come in Love you, Bye e in Looking cute. In particolar modo mi hanno colpito i lavori della prima esposizione. Come nasce l'esposizione e cosa la caratterizza?
Love you, Bye è stata un esposizione che ho presentato a Studiolo, a due anni dalla mia partenza per Londra, e a due anni dalla mia prima personale in galleria. Love you, Bye era come mandare una cartolina a casa, una cartolina da Londra. Love you, Bye appunto come una cartolina aveva da un lato un'immagine simbolo che voleva rappresentare la città, così come ce la si aspetta senza esserci mai stati, attraverso i colori rosso bianco e blu, con il London Eye e i pattern dei sedili della metropolitana con i quali ho costruito un grande tappeto posizionato al centro dell'installazione. Dall'altro lato della cartolina c'è il messaggio, dal contenuto privato, forse intimo o forse no, a volte sincero, a volte no. Come la scritta 'I never meant to hurt you' incisa a fuoco su una placca di metallo. Gli oggetti rimandano all'idea di souvenir, le palle di vetro con neve con all'interno anelli di fidanzamento incastonati in delle pietre sintetiche, le tele di piccole dimensioni raffiguranti costellazioni in cieli diurni, il modellino di Iphone(PRODUCT)RED intagliato in legno. L'atmosfera famigliare si ripresenta spesso all'interno dei miei lavori, specialmente nella scelta di utilizzare strutture che ricordano oggetti di arredamento per la casa. Tavoli, sedie, mensole, tappeti. In qualche modo la casa è la prima installazione a cui faccio riferimento quando ne costruisco una, in termini di spazi e di composizione.
Sniiglar II è la tua opera al That's IT al Mambo come nasce l'opera e cosa rappresenta?
Quando Lorenzo Balbi mi ha scritto chiedendomi di far parte della mostra That's IT mi ha chiesto di partecipare con un opera che mi rappresentasse come Artista e che rappresentasse la mia produzione artistica. Pensando alle parole di Lorenzo, ho deciso di riprendere in mano un vecchio lavoro che per diverse ragioni considero un po' come il mio primo lavoro in assoluto, Sniglar I, e di farlo diventare struttura per il lavoro più recente. Sniglar I è composto da un fasciatoio IKEA, da cui l'opera prende il nome, al quale ho allungato le gambe, portando il piano a due metri e mezzo di altezza. Sniglar II ha al centro il fasciatoio Sniglar I, da cui si sviluppano due strutture laterali, come se fossero due ante di un grosso armadio, alle quali sono appesi due porta abiti. I porta abiti hanno stampato sul fronte foto di due palazzi, e sul retro sono foderate con del tessuto. Uno dei due è foderato con il copriletto Ikea ricoperto di boccioli di Rose, che si chiama Emelina Knopp, il copriletto della mia fidanzata. Sul fronte di entrambi i porta abiti sono cucite delle tasche trasparenti contenenti foto e materiali cartacei vari, immagini, messaggi scritti, che ho raccolto attraverso una documentazione della mia quotidianità. Parte delle foto scattate a Milano, alcune a Londra, altre in Svezia, alcune foto mostravano spazi urbani, alcune momenti più intimi e personali. Questi contenuti per me trovano una chiave di lettura importante in relazione al contesto della mostra e al suo interesse nel rappresentare una nuova generazione di artisti in Italia.
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