Matteo Messori, classe 1993, è pittore e scultore italiano che vive e lava in Emilia Romagna. La sua ricerca è caratterizzata dalla forma della materie e del contrasto fra i materiali apparentemente lontani fa loro ma che diventano un tutt'uno sia nella scultura che nella pittura. Antiforma e Formastante sono i due filoni che ne caratterizzano i lavori entrambi contraddistinti da uno sguardo al passato e un rapporto con il presente che diventa atemporale. Di seguito l'intervista con Matteo.
Chi è Matteo Messori e qual'è il percorso che ti ha portato a diventare artista?
Beh diciamo che il mio percorso artistico è nato in principio per necessità. Il mio lavoro odierno ha origine grazie a una serie di eventi passati che mi hanno in qualche modo avvicinato all'arte per motivi per lo più terapeutici. Dai 15 ai 20 anni l'arte per me era solo un mezzo a me utile per appianare diverse problematiche che avevo e che con il tempo si sono annullate. In seguito, grazie a diverse conoscenze e sopratutto allo studio di questa materia, ho notato che ciò che facevo aveva un divenire, e che non era solo fine a se stesso. Oggi giorno ho messo da parte le problematiche del passato, perché sono dell'idea che l'ostentazione biografica nel lavoro di qualsiasi artista possa essere sinonimo di “Vittimismo” o magari denota solo una mancanza di intenti. C'è da dire però che siamo tutti figli del nostro passato, a prescindere da cosa faremo domani, sarà in qualche modo condizionato da ciò che abbiamo fatto ieri. Gli eventi che toccano la nostra intimità sono importanti nell'opera d'arte di qualsiasi artista, perché sono una variante predominante all'interno di una formula composta da diversi fattori che vanno a costruire la ricerca di un artista. Sopratutto in un periodo come questo votato all' ”intimismo”.
I tuoi lavori coniugano forma e colore, fluidità e rigidezza, attraverso scultura e pittura; come si collocano nella tua ricerca e come coesistono e si relazionano?
La morfologia del mio lavoro si differenzia come tu hai detto in due tecniche ben distinte ma ricche di similitudini, non solo dal punto di vista concettuale ma anche tecnico. Perché mi piace pensare che le forme che dipingo siano pesanti, dure e dalle composizioni snervanti. Mentre quando scolpisco o realizzo installazioni prediligo teorizzare forme effimere, leggere e prive di qualsiasi concretismo. Questo mio modo di pensare alla vita delle forme, vuole avere la capacità di suscitare concetti stranianti e contemporanei nel fruitore. Il mio scopo è quello di uscire dalle condizioni statiche della conservazione estetica e permettere alle forme di entrare in un processo cangiante nella vita attiva delle persone. Di per se queste due forme espressive coesistono in base ai periodi, ma il più delle volte mi trovo a portare avanti entrambe. Oggi giorno viviamo in un panorama artistico ricco di eclettismi tecnici e visionari in qualsiasi media artistico. Cosa che reputo molto importante, perché sono dell'idea che la vera opera d'arte debba in qualche modo veicolare tutte le capacità sensoriali appartenenti all'uomo. Magari un giorno riuscirò anche io a scindere in maniera sinergica i miei lavori, cosi da poter innescare nel fruitore una sensazione immersiva all'interno dell'opera. Cosa che tenterò di fare nei miei progetti futuri e che prenderanno un intero anno di lavoro.
Antiforma è una parte della tua ricerca artistica su tela dal sapore ambiguo, cosa la caratterizza e come nascono le tele?
L'Antiforma la reputo la parte più importante del mio lavoro, è figlia del tempo in cui viviamo ed è preda dei mutamenti dell'uomo che lo portano verso un futuro prossimo incerto. Percorso, come dicevo prima, nato per caso ma che si è concretizzato nel corso degli anni. Di volta in volta metto in dialogo L'Antiforma con autori del passato, guardando però al futuro. Ad esempio per l'esposizione a Galleria Ramo di Como, ho impostato un discorso confrontandomi con “il trionfo della morte” di Bruegel il Vecchio. Pensando all'Antiforma come a un ritratto della realtà odierna, posta al limite delle possibilità morali. Come elementi ricettivi, dalle sembianze organiche e ambigue, in grado di captare l'impotenza dell'uomo in situazioni da lui generate. É una ricerca che fa affidamento allo studio dell'uomo in una chiave più sensoriale. Sono dell'idea che siamo esposti a continui cambiamenti, e vivendo di mutazioni stiamo raggiungendo un limite mai raggiunto prima. Non vi sono più concretismi che permettono una stabilità mentale e identitaria della società come la conoscevamo. Inclini ai bombardamenti mediatici, ci stiamo adattando a una crudeltà sempre più violenta. I figli di questo contemporaneo nascono sprovvisti di senso pudico e morale, comportandosi in maniera del tutto insana verso il prossimo. Incapaci allo schieramento, siamo sempre più simili alla figura dell'ignavo, individuo descritto da Dante nel capitolo dell'Anti inferno, coloro che durante la loro vita non hanno mai agito né nel bene e né nel male e, senza mai osare avere un’idea propria, ma limitandosi ad adeguarsi sempre a quella del più forte. Come colpevoli di indolenza o di viltà di fronte alle responsabilità del proprio stato o della vita. Sono cosciente della mia negatività verso l'uomo, ma guardo in faccia la realtà. E penso sempre agli errori che io stesso ho commesso in passato guardando però a un futuro più risolutivo.
Formastante invece richiama alle tue scultura dove c'è un accostamento di materiali apparentemente opposti che si fondono e uniscono. Mi parli qual'è la ricerca di questa parte della tua produzione artistica?
Formastante invece è una ricerca più giovane, e comprende un settore legato all'uso di materiali di diverse origini a confronto. D'altronde la parola stessa “Formastante” prende il nome dall'unione di due parole ovvero “Forma” e “straniante”. Quindi si tratta di un rapporto di due diversi materiali, opposti in origine e composti da costituzioni totalmente differenti. La mia idea è quella di teorizzare nuove forme, figlie di un'unione tra un elemento chimico ( artificiale e generato dall'uomo ) e un elemento naturale, capaci di alienare la visione empirica del fruitore. A differenza dell'Antiforma, è una ricerca che vuole essere risolutiva, pensando a un futuro prossimo dove si è riusciti a raggiungere un armonia. Guarda meno all'uomo e più al paesaggio in cui viviamo. Penso che siamo tutti d'accordo nel dire che gli oggetti che creiamo ci sopravviveranno, e che non sapremo mai cosa ne sarà del mondo dopo la scomparsa dell'umanità. Così cerco semplicemente di immaginare come sarà la terra dopo di noi e da quali elementi e strutture sarà abitata. É una ricerca sbarazzina si, ma che mi sta dando molte soddisfazioni. E sarà probabilmente la base dei miei progetti futuri che avranno luogo da settembre in avanti. Influenzando e contaminando in maniera sinergica la mia pittura.
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