E’ sempre difficile spiegare una cosa così irrazionale, non c’è stato un percorso quanto un naturale susseguirsi di cose che mi ha portato ad essere un pittore e artista. Ho sempre dipinto, come si fa da bambini, senza condizionamenti particolari, anche se avevo un nonno pittore che mi ha influenzato molto. All’università ho studiato antropologia e nei miei lavori credo si leggano chiaramente le mie inclinazioni verso questa scienza. Non ho mai lavorato nel campo dell’antropologia, penso di essere sempre stato consapevole del fatto che avrei fatto l’artista. Oggi lavoro soprattutto con la pittura ma sto iniziando ad avvicinarmi ad altre discipline, molto lentamente.
Immagini contemporanee e riconoscibili, icone sacre e nature morte, sono i soggetti dei tuoi lavori caratterizzati da un tocco malinconico; dalle raffigurazioni alla distorsione di esse. Cosa caratterizza la tua ricerca? come scegli i soggetti?
Raccolgo immagini, sia foto di sconosciuti prese ai mercatini, che immagini digitali che mi si ripropongono con persistenza. Il processo è lungo, e faccio infinite prove. I soggetti sono spesso denominatori comuni di immagini che già conosciamo, qualcosa preso dalla nostra memoria collettiva e familiare. Sto attento a non allontanarmi dal figurativo conosciuto e a volte anche popolare, il mio interesse e innamoramento è racchiuso in questo ambito quasi esclusivamente.
Un corpo della tua produzione è caratterizzata dall'alterazione dei soggetti attraverso l'utilizzo dei pixel che rendono visibile il soggetto a sommi capi. Cosa caratterizza questo ciclo?
Questo lavoro consiste nel sottolineare una certezza con l’omissione e preservare un dubbio con l’esaltazione dello stesso. Mi interessa la conseguenza visiva e intellettuale davanti alla mancanza della certezza.
L’opera altera per provocare nello spettatore la conoscenza, la certezza e il dubbio.
Lavoro su diversi livelli di alterazione. Il primo è sulla memoria collettiva es. Mickey mouse, Madonna, oggetti della vita quotidiana, ecc. Lo spettatore può capire o non capire il soggetto alterato. Il secondo lavora su un immaginario apparentemente conosciuto (es. ritratto classico in posa plastica di una famiglia dell’inizio 900). In questo caso l’alterazione consiste nell’ostacolare, mettere in dubbio, un pensiero sicuro, una certezza della logica conosciuta. Pensiamo di sapere che, sopra un collo si trova una testa che contiene un viso, per esempio.
Il terzo tipo di alterazione è frammentata, inizia a fare parte della struttura, dello scheletro dell’opera. Come nell’opera (“Atto primo”), l’alterazione dell’immagine permette più livelli di esplorazione della propria conoscenza.
Unknown Prayer series è il tuo ultimo progetto, una sorta di still life di oggetti d'uso comune che diventano onirici. Mi puoi raccontare cosa caratterizza questo progetto e come nasce?
In un certo senso, è l’archivio del mio subconscio spirituale, che rappresenta la tendenza naturale degli umani verso il cielo, è la sacralità del quotidiano. Ogni oggetto ha il potenziale della sacralità. Come aveva affermato Parmiggiani parlando del suo lavoro, le opere d’arte nascono dalla preghiera, la preghiera è la forma originale della creazione artistica, mentre invoca “l’altro” a soccorrerci qui sulla terra. Il quotidiano diventa sacro, mentre il sacro diventa terreno.
Riporto il breve testo scritto per questo lavoro, in occasione della mostra “Santo Cielo” tenuta alla Galleria Patricia Armocida, composto solo di domande. Credo sia il modo migliore per commentare l’opera.
If it dissolves, will it come back?
If we all recognise it, is it true?
Do my prayers make sense?
What is the story behind your icon?
Will I find it again?
Are my eyes distracting my hearing?
Can I think without thinking and still know?
Do certain images haunt me?
Is what I use everyday holy?
Will we ever treat wings as unmagical?
Do I overthink?
Are all trees imitations of the sky?
Is prayer feeling or thought?
How much does a prayer weigh?
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