Il percorso è iniziato poco dopo aver concluso un Master presso l'Università Bauhaus di Weimar. Il mio progetto di tesi, un lavoro sulla più grande fiera di paramenti liturgici e abbigliamento ecclesiastico – intitolato Besides Faith –, suscitò grande interesse da parte di testate internazionali come The Washington Post, Libération, The Independent e molti altri. Le foto furono pubblicate ed esposte in molte occasioni e così mi resi conto che avrei potuto continuare lungo questa strada.
I tuoi scatti risaltano il banale attraverso una composizione delicata e armonica. Un approccio che caratterizza il tuo lavoro. Quando capisci che è il progetto giusto? che la foto scattata è quella "perfetta"?
Quasi mai. Condivido con molti amici, artisti e non, una costante sensazione di insoddisfazione che, tuttavia, mi è fondamentale per poter migliorare. Ogni lavoro nasce da un interesse personale per l'argomento. Dopo una fase iniziale di ricerca, penso agli scatti e all'estetica che vorrei ottenere. Quello è il momento più difficile poiché, non appena inizio a scattare, l'idea si scontra con la realtà e spesso le due cose non coincidono. Superato questo impasse, solitamente inizia una terza fase, in cui le immagini iniziano ad avere un senso e posso dedicarmi a rifinire e perfezionare la serie fotografica. La foto scattata non è mai perfetta. A mio avviso è quello che le sta intorno che la rende perfetta: il momento storico, il contesto, la destinazione, il supporto e così via.
Quasi mai. Condivido con molti amici, artisti e non, una costante sensazione di insoddisfazione che, tuttavia, mi è fondamentale per poter migliorare. Ogni lavoro nasce da un interesse personale per l'argomento. Dopo una fase iniziale di ricerca, penso agli scatti e all'estetica che vorrei ottenere. Quello è il momento più difficile poiché, non appena inizio a scattare, l'idea si scontra con la realtà e spesso le due cose non coincidono. Superato questo impasse, solitamente inizia una terza fase, in cui le immagini iniziano ad avere un senso e posso dedicarmi a rifinire e perfezionare la serie fotografica. La foto scattata non è mai perfetta. A mio avviso è quello che le sta intorno che la rende perfetta: il momento storico, il contesto, la destinazione, il supporto e così via.
Il tuo progetto diventato libro Disappearing Objects raccoglie una serie di oggetti in still life particolare. Cosa ti ha portato ad intraprendere questo progetto? come ha preso forma?
Come per gli altri progetti, anche Disappearing Objects nasce da un interesse personale. In questo caso il mondo dell'illusionismo e quell'apparato di oggetti progettati paradossalmente sia per non essere mai visti che per far sparire altre cose – da qui il titolo. Per quanto fotograficamente semplice, è stato il lavoro che ha richiesto più tempo. Oltre un anno per raccogliere tutti gli oggetti e altrettanto prima di trovare un editore in grado di interpretare il mio approccio e renderlo in forma di libro. Ho lavorato a stretto contatto con Giacomo e Andrea, grafici ed editori di bruno (Venezia) che hanno dedicato tempo e passione a un progetto che inizialmente sembrava ai limiti dell'assurdo ma che, una volta pubblicato, ha suscitato grandi apprezzamenti (da Sophie Calle ad Erik Kessels, da Carsten Nicolai a Nathalie Du Pasquier).
Contemporary Elderly è il tuo ultimo progetto in mostra a Galera San Soda, mi racconti come nasce e cosa caratterizza questi scatti? Contemporary Elderly è una serie fotografica sugli anziani milanesi. Le immagini, per la maggior parte ravvicinate, ritraggono dettagli di abbigliamento, posture e gesti tipici della terza età. Le foto sono state scattate in bianco e nero e successivamente colorizzate, come si usava fare quando ancora non esistevano le pellicole a colori. Il lavoro nasce dall’intenzione di voler dare risalto a quelle persone che, solitamente, sono quasi delle comparse nelle nostre vite. L’età media si alza e le città sono sempre più popolate da persone anziane. La mia non è una ricerca sociale, bensì un tentativo di rendere queste persone e le loro abitudini protagoniste di un racconto per immagini. Attraverso la colorazione è possibile enfatizzare gesti banali, come le mani dietro la schiena, che ci raccontano di una generazione non abituata a tenere uno smartphone in mano mentre cammina. E così via. Il titolo, traducibile come “anziani contemporanei” rasenta l’ossimoro ma descrive oggettivamente il lavoro. Sono persone anziane di oggi. E un giorno lo saremo anche noi, auspicabilmente…
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