Anna Marzuttini, classe 1990, è artista italiana che vive e lavora a Venezia la cui ricerca pittorica e scultorea come strumento autoconoscitivo. Attraverso il disegno indaga le forme della natura dei luoghi che le interessano che raffigura attraverso l'utilizzo del segno e del colore. Nel 2017 ha partecipato alla mostra collettiva Guardatemi il più possibile alla Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro a Venezia, nel 2020 allo Spazio Punch e nel 2021 allo Spazio di Casso di Dolomiti Contemporanee. Di seguito l'intervista con Anna.
Sono nata e cresciuta in un piccolo paese in Friuli. Il mio percorso è sicuramente cominciato durante l’infanzia, prima che me ne potessi rendere conto. Le mie attività principali erano esplorare quello che mi circondava, quindi un paesaggio in buona parte naturale, e disegnare. Queste attitudini inizialmente sottovalutate hanno cominciato ad acquisire sempre più importanza, diventando poi fondamentali, dal momento in cui mi sono iscritta all’Accademia di Belle Arti di Venezia. All’interno dell’Atelier F, lavorando a fianco di tanti talentuosi giovani artisti, ho potuto sviluppare, tramite la pittura, la mia poetica.
Organiche e selvatiche e l’aspetto crudo e inospitale della natura caratterizzano i tuoi lavori, mi parli della tua ricerca? cosa indaghi attraverso la pittura?
La mia ricerca si sviluppa intorno al tema del selvatico inteso come qualcosa di spontaneo, incontrollabile, ispido, inospitale. Queste sono le caratteristiche principali che ricerco nella natura e poi traduco attraverso la pittura. Mi affascina la forza, spesso aggressiva, con cui la vita si è sempre sviluppata e come potrebbe continuare a svilupparsi anche senza l’uomo, prendendo strade imprevedibili. Mi interessa molto come questa vita si concretizza in forma, ogni forma racchiude energia ed ha un senso all’interno del meccanismo dell’evoluzione. Ma anche gli errori sono interessanti... Queste forme a cui mi interesso, mi danno la possibilità, tramite il disegno, di esteriorizzare ed archiviare delle informazioni estetiche che poi vengono rielaborate attraverso il disegno, la pittura e la scultura.
Radici è un progetto autobiografico, legato a dove sei nata e cresciuta; mi racconti come nasce e cosa lo caratterizza?
La serie di disegni Radici è un lavoro che ho cominciato a fine autunno del 2019, tornata da poco a vivere nel mio paese di provenienza in Friuli, dopo tanti anni trascorsi a Venezia. La mia ricerca artistica si sviluppa intorno alla rielaborazione e ricomposizione, tramite il disegno e la pittura, delle forme, principalmente organiche, estrapolate dall’osservazione del mondo selvatico. Con questa serie di disegni ho cercato in qualche modo a ri-ambientarmi in un luogo che non vivevo pienamente da tempo, riappropriarmi delle forme del mio luogo d’origine, analizzandone i cambiamenti negli anni, riscoprendoli e osservandoli con occhi diversi. I soggetti su cui mi sono più focalizzata in questa serie sono alcuni alberi che si trovano nel giardino di casa mia e nel bosco creato da mio padre e che ho visto crescere durante la mia infanzia e adolescenza. Mi incuriosiscono molto gli alberi, sia per le loro forme così imprevedibili e diverse da un soggetto all’altro, sia per la loro caratteristica di essere creature che per natura rimangono stabili nello stesso luogo per tutta la vita. Il titolo Radici ha ovviamente un significato ambivalente, è sia un riferimento sia alla situazione biologica degli alberi sia alle radici come luogo di origine.
Dalla Residenza Progettoborca a Vaccanza, cosa ha influito nei lavori realizzati in questi luoghi ed esposti in mostra?
Inevitabilmente il paesaggio, crudo e romantico allo stesso tempo. Il paesaggio montano, proprio per le sue caratteristiche morfologiche, è tra i meno densamente popolati e dove quindi ancora c’è una grande interazione tra uomo e selvatico, aspetto di grande interesse per il mio lavoro. Ovviamente anche le architetture di Gellner nell’Ex Villaggio Eni, dove ho risieduto e lavorato, hanno avuto un certo impatto sul mio lavoro. Essendo parte del paesaggio che osservavo in quel momento mi hanno portato ad inserire, seppur ancora timidamente, alcuni elementi geometrici e inorganici nei miei lavori.
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