Chi è Ismaele Nones e qual è il percorso che ti ha portato a diventare artista?
Sono stato fortunato. Nella mia famiglia ho sempre avuto molti stimoli creativi, soprattutto grazie all’attività di mio padre (iconografo). Infatti fin da piccolo sono stato molto incoraggiato nel disegno e nella pittura. Il mio è un percorso abbastanza classico. Ho studiato all’Istituto d’arte A. Vittoria a Trento per dopo continuare gli studi artistici a Venezia all’accademia. All’Accademia di Belle Arti ho scelto di iscrivermi a scultura, perché volevo staccarmi dal mondo della pittura perché volevo trovare la mia identità indipendente. Questo perché troppe persone non mi vedevano come Ismaele ma come il figlio di mio padre, essendo l’unico suo figlio che lavorava con lui e lo seguiva in Italia e all’estero ad affrescare le chiese. Una tappa molto importante nel mio percorso è stato certamente l’Erasmus fatto a Cardiff in Galles. Lì ho potuto misurarmi con l’ambiente anglosassone dell’arte. Il Regno Unito ha uno spirito artistico molto fresco e pulito, lo definirei punk. Durante quei mesi ho potuto toccare per la prima volta con mano cosa significasse essere un’artista. Mi sono diplomato nel 2018 e poi ci sono stati quei classici anni di spaesamento post laurea, che molti ragazzi vivono appena laureati. Però nonostante fosse dura trovare motivazione in quello che facevo, sono contento di non aver mai mollato. Sono stati anni quelli in cui andavo in atelier contro voglia, però ci andavo. Alla fine del 2019 nonostante i primi premi vinti e un interesse che cresceva nei miei confronti non trovavo più senso nell’andare avanti. Invece che mollare, ho rilanciato, grazie anche e soprattutto al continuo supporto di Emanuela, la mia ragazza, che mi ha sempre incitato. Ho contattato a Dolomiti Contemporanee per una residenza e sono andato lì per un sopralluogo e ho proposto un progetto al fondatore Gianluca D’Inca Levis. Il progetto proposto era debole ma avevo bisogno di staccare da tutto e con tutti. A gennaio 2020 ho iniziato la residenza Progetto Borca esattamente in un periodo che sapevo che sarei stato solo. Sono stato completamente solo per due settimane in un complesso enorme come l’ex Villaggio Eni di Borca di Cadore. Durante quest’esperienza oltre che a lavorare al progetto ha iniziato ad insediarsi dentro di me la voglia di tornare alla pittura. A Borca di Cadore ho iniziato a progettare le prime tele. Quando non ero da solo ero in compagnia dello scrittore Matteo Trevisani e la sua famiglia. Sono state molto importanti le lunghe chiacchierate con Matteo e Gianluca che inconsapevolmente mi hanno aiutato molto a capirmi. Tornato a casa è iniziata la pandemia ed io mi sono chiuso in atelier a dipingere e non mi sono più fermato. Nel momento in cui dipingere era diventata la cosa più importante per me ho capito che potevo fare l’artista.
La tua ricerca è caratterizzata dall'unione di tematiche differenti, il sacro, la contemporaneità, la storia per citarne alcuni; parli come questi influssi prendono forma nelle tue opere?
Diciamo che il mio approccio al sacro o comunque all’iconografia è particolare. Essendo nato e cresciuto tra queste figure esse non sono altro l’alfabeto che ho imparato per iniziare ad esprimermi nel mondo dell’arte. Questo fatto che per me le figure iconografiche che attingono al sacro sono la normalità, mi facilita a vederle costantemente collegate con la contemporaneità e viceversa. La cosa interessante che mi sono reso conto con molto stupore che queste immagini sacre toccano ricordi ed emozioni a chiunque, perché fanno parte di una memoria collettiva. Mi piace molto attingere alla storia dell’arte, ma non per fare citazionismo a caso, ma perché a molti dei problemi pittorici c’è la soluzione nella storia e quindi tanto vale prendere ispirazione da lì.
Nei tuoi lavori l'acqua è un elemento ricorrente, in scivolo, in Venere sul materassino o in l'Inadeguato; cosa rappresenta questo elemento nei tuoi lavori?
Si è vero dipingo molte volte l’acqua. È un elemento che ricerco molto anche nella vita quotidiana. Andare al fiume, al lago, al mare, in piscina. Quello che mi interessa dell’acqua è che è un elemento che crea un forte contesto. Un contesto che può essere dove vai a pensare, o a divertirti oppure a spogliarti.
Ambiente e Emma sono due serie da te recentemente realizzate, come nascono e cosa le contraddistinguono?
Sono due serie nate dalla volontà di misurarmi con la serialità di un’opera. La serie Ambiente nasce dal fatto che mi interessava approfondire alcuni aspetti dei miei quadri che erano emersi facendo le foto a particolari delle grandi tele. Ho voluto quindi dare una dimensione tutta loro a delle composizioni che avevano senso anche senza soggetto. Emma invece è nata dal volersi piano piano staccare da modelli attinti dal mondo iconografico e crearne di nuovi. Un cercare di avvicinarsi sempre di più al reale, al terreno. Ho iniziato quindi a lavorare sul ritratto. Diciamo che ho cercato di creare un simbolo dato un viso. Mi hanno sempre attratto i simboli, perché sono delle forme lontane dalla realtà che rappresentano, ma ti portano in modo più diretto all’essenza. Nel caso di Emma ho ritratto la mia ragazza e ho fatto tre nudi su delle poltrone di Giò Ponti. Quest’ultimo dettaglio è un omaggio ad un artista che ammiro molto.
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